Questo breve compendio non è la storia della Banda San Martino di Sergnano, ma solo una rapida carrellata di stagioni che l’hanno condotta, con passione e determinazione ai suoi primi cento anni di quasi ininterrotta attività.Il sito della Banda è il luogo dell’oggi, ma ben sappiamo che l’oggi è frutto di un passato che consente di apprezzare e custodire meglio il presente. Un profilo storico della Banda molto più dettagliato e completo, corredato da fonti e documenti sarà contenuto nel volume, in corso d’opera e scritto a più mani, che verrà presentato a conclusione del programma del Centenario. Il volume intende fare memoria del patrimonio musicale, culturale ed umano che la Banda ha costruito nei suoi primi cento anni, del suo ruolo nel nostro paese,per renderle un doveroso tributo e  lasciarne traccia consapevole a noi ed ai posteri.

Cento anni di storia, cominciati proprio nella primavera del 1920.

C’era una volta…… il nostro compaesano, il Prof. Giovanni Piacentini, diplomato in organo presso il Conservatorio di Parma, che ebbe l’idea di radunare alcuni  giovani musicanti di ritorno dalla guerra, durante la quale avevano suonato nelle fanfare militari.  Il primo nucleo della Banda, nell’arco di un anno, passò da una ventina di componenti a ben trentacinque. Quasi tutti i musicanti vennero dotati di strumenti usati, ad eccezione di pochi che riuscirono ad acquistarli nuovi. Alla fine del 1921, a causa di impegni di studio del M° Piacentini, subentrò alla guida della Banda il Maestro Gino Raimondi, già vice-maestro della Banda di Caravaggio. Egli  in pochi mesi riuscì a preparare il nuovo sodalizio musicale per le prime esibizioni in pubblico. Di lui molti ricordavano l’impegno dedicato ad istruire i musicanti a marciare con ordine durante i servizi civili e religiosi. Si faceva pratica lungo la strada Vallarsa, a quei tempi molto più isolata dal resto del paese. La prima sede del Corpo Bandistico fu il vecchio Municipio in via Eugenio Conti.In quegli anni la Banda, non disponendo ancora di regolari contributi da parte delle Istituzioni e  di donazioni, al fine di raccogliere fondi per far fronte alle diverse spese, adottò un sistema alquanto curioso: ciascun musicante, per ogni lezione, doveva pagare una certa somma di denaro, che raddoppiava nel caso in cui si assentasse senza giustificazione. Questo sistema di autotassazione  da parte dei musicanti rimase in vigore sino  alla fine degli anni ’50. Neppure i mezzi di trasporto di allora, biciclette e carri trainati da cavalli, scoraggiavano i musicanti che spesso dovevano sostenere trasferte di un’intera giornata per prestare servizi musicali anche in due o tre paesi. Durante il periodo fascista il regime  obbligò i musicanti ad indossare divise di tipo militare e la Banda fu chiamata “Fanfara della 18° Legione Ballabio” della milizia di Crema.Nella sua commissione coordinatrice vennero inclusi due esponenti del partito fascista con il compito di controllare che l’operato e l’immagine del gruppo fossero consoni agli ideali culturali ed estetici del partito. In questi anni, l’acquisto di nuovi strumenti consentì un miglioramento tecnico-artistico della formazione, che conobbe intorno al 1930 un periodo di grandissima notorietà, partecipando ad eventi in molte città del nord Italia.
Con passione e determinazione, musicanti e responsabili non esitarono a proporsi in eventi civili e religiosi per far fronte alle notevoli spese sostenute. Nel 1930 a Crema la Banda vinse il 1° Concorso Provinciale. La medaglia d’oro ottenuta, poco tempo dopo, fu “offerta”, seconda la consuetudine del regime fascista, all’oro della Patria.

Il periodo di proficua attività musicale fu interrotto dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, durante la quale la Banda, di fatto, si sciolse per la chiamata alle armi della maggior parte dei suoi componenti. I più anziani, rimasti a casa,s’impegnarono a conservare il patrimonio bandistico: divise, strumenti, partiture musicali ecc., sperando di poter ricostruire al più presto il sodalizio. Prima ancora che finisse la guerra, in un drammatico contesto di morte e di distruzione, già era vivo il desiderio di ricostruzione ed alcuni musicanti, forse un po’ in sordina e con qualche timore per gli esiti non ancora certi del conflitto, sotto la guida del maestro Raimondi decisero di ricostruire un primo nucleo, attorno al quale si sarebbero aggregati i musicanti di ritorno dalle armi. Alcuni, purtroppo, morirono sui diversi fronti del conflitto. Nel maggio del 1945 fu ricostruita ufficialmente la Banda che, dopo la caduta del regime fascista, si liberò della matrice paramilitare, di tutte le imposizioni del regime e ritornò lentamente ad una libera attività culturale, civile e religiosa. Nel 1948 morì il maestro Raimondi. Gli successe alla direzione il Maestro Amilcare Bosi di Caravaggio, clarinettista, che portò il sodalizio musicale ad un notevole livello artistico, inserendo anche un gruppo cospicuo di nuovi e giovani allievi. Nel 1950 il maestro Bosi abbandona la direzione per motivi di salute. A lui seguirono le brevi supplenze dei Maestri Costi, Manenti e Gallini. Negli anni ’50, nel cuore della crisi post-bellica, anche la Banda attraversò un momento di crisi,  di progressivo impoverimento di quei meriti acquisiti negli anni precedenti. I servizi erano limitati alla presenza obbligata a due o tre feste religiose e alla celebrazione del 4 Novembre.Il 1962 fu l’anno della svolta: la Banda uscì dalla precedente fase di “torpore” anche in concomitanza con l’inizio di un periodo di maggior benessere sociale-economico, improntato all’ottimismo e grazie alla direzione di un nuovo Maestro, il flautista Carlo Bragonzi. Nel 1965 il primo corso di orientamento musicale, sovvenzionato dalla Provincia ed organizzato dal maestro Bragonzi, aperto anche a nuovi e giovani allievi, inaugurò il periodo della rinascita. Nel 1968  subentrò alla direzione il Maestro Guido Aber , che vi rimase fino al 1981, aprendo all’esecuzione di brani di intensa difficoltà che fino ad allora non facevano parte del repertorio. Nel 1973 il Corpo Musicale di Sergnano, primo fra tutti nel circondario, vantava la presenza di 5 ragazze che suonavano il tamburello.Nel 1975 fecero il loro primo ingresso alcune ragazze come musicanti effettive. Quando nel 1981 il Maestro Aber lasciò la direzione del sodalizio subentrò l’allora ventenne Maestro Angelo Bolciaghi di Sergnano, già promettente clarinettista nella stessa Banda che, nonostante la giovane età, espresse il suo talento di direttore ed attuò un notevole rinnovamento qualitativo della produzione musicale. Il maestro Bolciaghi  interruppe questa nuova esperienza per motivi di studio e professionali. Dopo una breve supplenza del Maestro Mario Pagliari di Offanengo, nel 1985 la direzione passò al Maestro Pierluigi Salvi, insegnante di trombone. Sotto la sua guida anche se breve (1985/86) si perfezionò la tecnica musicale attraverso corsi specifici per categorie di strumenti. Dopo un quinquennio di crisi, in cui si alternarono alla direzione della Banda diversi maestri, nel 1990, la bacchetta passò al Maestro Mario Spini di Paullo. La  professionalità e la lunga esperienza personale del Maestro Spini, riportarono la Banda ad un buon livello di produzione musicale ed assicurarono continuità fino al 2000, anno in cui il compito di proiettare la Banda nel nuovo millennio fu affidato  al giovane Maestro Stefano Rossi, clarinettista di Ombriano, che, pur senza tralasciare la musica classica, improntò il repertorio principalmente sulla esecuzione di musica contemporanea, talvolta accompagnata anche dal canto e dalla scenografia.Dal 2006 la Banda di Sergnano e il Corpo Bandistico “S. Cecilia“ di Trescore Cremasco, accomunate dallo stesso direttore M.° Stefano Rossi, decisero di realizzare un’unione artistico-musicale finalizzata a sviluppare l’attività concertistica. L’unione stabile dei due organici per prove e concerti permise di affrontare un repertorio tecnicamente più impegnativo e variegato. Nel 2010, su iniziativa di Manenti Francesca, l’unica musicante donna costantemente presente nella Banda dal 1984, decolla la singolare esperienza della Junior Band, significativo momento di formazione propedeutica di musica d’assieme per i bambini ed i ragazzi che si preparavano all’ingresso in Banda. Tale esperienza continuò con successo sino al 2015, quando nella nuova stagione artistica della Banda, confluì nei Corsi di Teoria e solfeggio  e di strumento che diedero inizio alla Scuola di musica. Essa che con impegno, collaborazioni a vari livelli e successo continua ancora oggi e da novembre arricchita anche dal Corso di Musicoterapia, costituisce il presupposto fondamentale per il futuro della Banda.Dal 2015 ad oggi sotto la direzione artistica del presidente Angelo Bolciaghi (già direttore dal 1981 al 1984) la Banda ha vissuto un periodo di intenso rinnovamento sotto molteplici aspetti:dal notevole miglioramento qualitativo della produzione musicale, che spazia in un repertorio variegato e sempre più impegnativo (anche in collaborazione con solisti, altre formazioni musicali e corali), all’ampliamento dell’organico, all’impegno nella diffusione capillare della musica come prezioso strumento culturale, di aggregazione e di inclusione sociale. Tutto ciò è reso possibile dall’istituzione di una Scuola di Musica che, in collaborazione con l’Istituto Comprensivo di Sergnano e del Comune, garantisce corsi di strumento ai giovani e a tutti coloro che intendono avvicinarsi alla Banda ed  una formazione permanente ai musicanti che già ne fanno parte. La Banda che si appresta a festeggiare il suo centesimo compleanno è una Banda giovane, ricca di risorse e sempre desiderosa di crescere in qualità e di mettersi a disposizione del paese e del territorio con passione e creatività. Dal 2015 al 2018 è stato direttore della Banda il flautista Emanuele Cristiani, il quale lasciò la direzione per dedicarsi esclusivamente all’attività strumentale. Gli seguì il Maestro Giuseppe Bonandrini che con entusiasmo e professionalità ha continuato l’opera di rinnovamento musicale e ha preparato la Banda a sostenere l’interessante e nutrito programma del Centenario, tanto particolare da durare due anni.

Ora alla direzione la Banda ha il maestro Davide Pedrazzini che continua la nostra storia!

 

L’Inno di Mameli

Strana e controversa storia quella dell’Inno nazionale italiano.

Il Canto degli Italiani impiegò esattamente 170 anni prima di essere riconosciuto ufficialmente e definitivamente INNO NAZIONALE ITALIANO.

Partiamo dal titolo: “Inno di Mameli” non rende giustizia ad entrambi gli autori, Mameli e Novaro. Il testo infatti lo scrisse nel 1847 un patriota genovese di vent’anni, Goffredo Mameli ed un  altro genovese, Michele Novaro, lo musicò. Il testo sembrava molto retorico, la musica  una marcetta non troppo solenne. Eppure quel testo scritto di getto, spontaneo, appassionato e composto poi da un giovanissimo combattente e martire per la libertà, sembrava il più adatto a simboleggiare la giovane Italia risorgimentale.

Una lettura, che oggi diremmo senza dubbio superficiale, evidenziò i “limiti artistici” di quella composizione, limiti che portarono lo stesso Mazzini, nel 1848, a chiedere a Mameli di scrivere un nuovo inno,musicato da Giuseppe Verdi.Il risultato, nonostante la genialità del grande maestro, pare non rispondesse alle attese.Il Canto degli Italiani continuò ad essere fischiettato, cantato dal popolo, o in modo solenne, in diverse occasioni……ma pure dovette lasciare il posto alla Marcia reale dopo l’unità d’Italia, perché nell’Italia unita e monarchica, il Canto degli Italiani, aveva troppo sapore repubblicano. Ma ora soffocato, ora riabilitato e riportato in auge, tra le alterne vicende politiche del primo Novecento, esso rappresentò sempre l’anima primitiva e più profonda del popolo italiano. In esso era come racchiusa e condensata in poche battute tutta la tradizione musicale del periodo che lo vide nascere.Convisse con i canti della Grande Guerra,  fu poi messo in ombra dagli inni fascisti, perché ritenuto sovversivo e privo di espliciti riferimenti al Duce. Durante la seconda guerra mondiale fu spesso strumentalizzato dagli opposti fronti e pure sostituito da altre melodie.Il dibattito continuò fino al 1946 quando il ministro della guerra Cipriano Facchinetti comunicò ufficialmente che durante il giuramento delle Forze Armate del 4 novembre, quale inno provvisorio, si sarebbe adottato il Canto degli Italiani  Facchinetti propose di ufficializzare il Canto degli Italiani nella Costituzione, in preparazione proprio in quel momento, ma senza esito.

Le critiche, che lo ritenevano troppo arcaico, conservatore, inadeguato a rappresentare un Paese che, dalla composizione dell’Inno, si era profondamente rinnovato, continuarono per decenni.Le opposte fazioni politiche ne fecero letture che snaturarono profondamente gli intenti originari del “Canto degli Italiani”.Fu il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ad attivare un’opera di valorizzazione e di rilancio del Canto degli Italiani come uno dei simboli dell’identità nazionale. In riferimento al Canto degli Italiani, Ciampi dichiarò che:

«[…] È un inno che, quando lo ascolti sull’attenti, ti fa vibrare dentro; è un canto di libertà di un popolo che, unito, risorge dopo secoli di divisioni, di umiliazioni […]»(Carlo Azeglio Ciampi)

Ciampi affidò spesso le esecuzioni dell’inno, nelle occasioni ufficiali, ad importanti direttori d’orchestra come Zubin MehtaGiuseppe SinopoliClaudio Abbado e Salvatore Accardo, perché veramente ne sapessero esprimere il “cuore”.  Ciampi, che ripristinò anche la Festa della Repubblica del 2 giugno, in occasione dei festeggiamenti del 2 giugno 2002 propose  una versione dell’Inno filologicamente corretta nella melodia, opera di Maurizio Benedetti e Michele D’Andrea. Essa riprese i segni d’espressione presenti nel manoscritto di Novaro. Per decenni si è dibattuto a livello parlamentare sulla necessità di rendere il Canto degli Italiani inno de iure della Repubblica Italiana, senza però giungere all’approvazione di una legge o di una modifica costituzionale definitiva, fino al 4 dicembre 2017.Nel 2005 fu approvato, a tal proposito, un disegno di legge nella Commissione affari costituzionali del Senato; la proposta non ebbe seguito a causa della scadenza della legislatura.

Il 15 dicembre 2017 l’iter si è concluso definitivamente, con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Legge nº 181 del 4 dicembre 2017, entrata in vigore il 30 dicembre 2017. I due commi che compongono la legge recitano:

«1. La Repubblica riconosce il testo del «Canto degli italiani» di Goffredo Mameli e lo spartito musicale originale di Michele Novaro quale proprio inno nazionale.

2. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, ai sensi dell’art. 1, comma 1, lettera ii), della legge 12 gennaio 1991, n. 13, sono stabilite le modalità di esecuzione del «Canto degli italiani» quale inno nazionale. La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

Data: Roma, addì 4 dicembre 2017».